In Italia ci sono oltre 3200 km di paesaggio costiero, pari al 51% del totale, cambiato e trasformato da edifici, palazzi, alberghi e attività industriali e portuali. In alcune regioni, poi, la situazione è allarmante, come in Abruzzo e Lazio dove si supera il 63%, in Liguria il 64% e in Calabria il 65%, e dove si sono salvate solo le aree meno appetibili, con rilievi, o più difficili da aggredire, come foci di fiumi e rilievi montuosi. Questo il quadro restituito da Legambiente e raccontato nel libro “Vista mare. La trasformazione dei paesaggi italiani costieri” , scritto dal vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini e dall’Architetto Michele Manigrasso (Edizioni Ambiente, pubblicato con il supporto di Castalia).
La ricerca sulle aree costiere italiane fa il punto sullo stato di oltre 6 mila chilometri di costa. Un viaggio fotografico che evidenzia come il cemento, nel corso di questi anni, abbia deliberatamente invaso i litorali anche in barba alla Legge Galasso in materia di tutela paesaggistica, approvata nel 1985 e che prevede un vincolo di tutela per le aree costiere fino a 300 metri dalla linea di costa.
“Dal 1985, nonostante tale legge, sono stati trasformati 302 chilometri di coste con una media di 13 km all’anno “consumati” dal cemento, cioè 48 metri al giorno – dice Legambiente – Senza contare che in questi anni sono solo tre le Regioni (Puglia, Toscana e Sardegna) dove sono entrati in vigore Piani paesaggistici che davvero tutelano i territori costieri ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs 42/2004). Tra le regioni più devastate dal cemento tra il 1988 e il 2012, ci sono quelle del sud e centro Italia: la Sicilia con 65 km cementificati, il Lazio con 41 e la Campania con 29 chilometri”.
Sostiene Zanchini: “Le coste italiane non si possono più permettere di vedere ogni anno sparire chilometri e chilometri di paesaggi, semplicemente perché le norme di tutela non funzionano, affidandosi, nelle 12 Regioni costiere in cui non sono in vigore i Piani Paesaggistici previsti dal Codice dei Beni culturali, alla discrezionalità di funzionari regionali e Soprintendenze. Se il nostro Paese ha fatto finta di non vedere quanto stava accadendo lungo le coste, oggi non può più permetterselo perché ci troviamo di fronte a una fortissima crescita del turismo, con potenzialità di rilancio per alcune regioni italiane se si punta sulla riqualificazione e valorizzazione dell’offerta, e a cambiamenti climatici che rischiano di produrre proprio nelle aree costiere impatti drammatici”. Nel libro ci sono anche storie di successo, come l’abbattimento di diversi ecomostri che deturpavano le coste: da PuntaPerotti all’Hotel Fuenti, dal Villaggio Coppola agli “scheletroni” di Palmaria e Alimuri.
Fonte articolo helpconsumatori