Gallipoli – Annullata l’autorizzazione paesaggistica, lidi da smantellare: cinque determinazioni a firma del tecnico responsabile del settore gettano altra benzina sul fuoco già acceso da precedenti problemi arrivati davanti alla magistratura competente e risoltesi con drastiche ordinanze: rimozioni di strutture nate per l’attività balneare e – questo il reato contestato – diventate altro. In base a sentenze del Consiglio di Stato del 2012, esattamente il 7 settembre, si trovano oggi senza autorizzazione paesaggistica, fondamentale per mantenere le attività avviate, gli stabilimenti balneari “Punta della suina” di Pierpaolo Garofalo – Its srl e “Spiaggia club” di Roberto Coi sulla litoranea sud; “Lido Rivabella” di Fabiola Leone e “Lido La Bussola” Barbara Fiore sulla litoranea nord. Si basa su di una sentenza del Consiglio di Stato del 19 giugno 2017 un analogo provvedimento che riguarda “Zeus – Mare azzurro” di Lucia Alessandrelli.
L’autorizzazione paesaggistica cancellata per sentenze di qualche anno fa (tranne un caso). “Solo in data odierna – scrive il dirigente – a conclusione di una ricognizione di tutte le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate, questo Ufficio è venuto a conoscenza della emissione delle sentenze del Consiglio di Stato”. Pressoché immediatamente, si è messo nero su bianco l’ordine alla società interessata della “rimozione della struttura balneare ove presente sul territorio”. Il provvedimento viene inviato “per opportuna conoscenza e competenza” alla Soprintendenza ai beni ambientali artistici storici della Puglia e al comando della Polizia urbana. La notifica dell’atto. per autorizzazioni paesaggistiche datate tutte 2010, sono in corso. Ma c’è chi mette le verifiche effettuate dal Comune su larga scala in diretta relazione alle denunce pubbliche e – c’è da giurarci – pressioni ufficiose provenienti dalla Direzione distrettuale e nazionale antimafia circa le infiltrazioni di gruppi criminali nelle principali attività collegate al turismo.
L’antefatto che ha portato alla situazione attuale. La vicenda che ad oggi si conclude così, muove i primi passi nel 2009 quando le società concessionarie del demanio marittimo chiedono al Comune l’autorizzazione paesaggistica necessaria per mantenere per tutto l’anno in piedi le strutture balneari. Il Comune acconsente, tramite la Commissione paesaggio, il 30 novembre 2010. Dà invece parere contrario la Soprintendenza (allora “per i beni architettonici e paesaggistici delle province di Lecce, Brindisi e Taranto”). Il 21 gennaio 2011 così motiva la propria presa di posizione: “le strutture balneari in esame, per dimensioni contrastano con l’ambito paesistico caratterizzato dalla presenza di dune e vegetazione autoctona”. Il Comune a questo punto, il 21 marzo 2011, nega l’autorizzazione paesaggistica. I concessionari non ci stanno ovviamente e si va al Tar di Lecce.
Di giudizio in giudizio fino alla parola finale. I giudici amministrativi ritengono che non ci siano “particolari ragioni a sostegno dell’obbligo di rimuovere le strutture nel periodo invernale e che le relative operazioni di rimozione finirebbero per danneggiare l’ambiente piuttosto che preservarlo”. Questa volta sono le Amministrazioni interessate a non essere d’accordo: si va al Consiglio di Stato. Nella sentenza i giudici della Sezione sesta, richiamano il conflitto tra una norma della Regione Puglia e la Corte costituzionale (la n. 232 del 2008) con la prima dichiarata illegittima; ritengono l’Appello fondato e ribaltano le considerazioni del Tar di Lecce, dando in sostanza via libera agli orientamenti di Soprintendenza e Comune di Gallipoli. Tranne che per lo “Zeus”, il pronunciamento del CdS è del settembre 2012 e sembra fermare l’orologio sull’aspetto del contrasto delle “dimensioni” degli stabilimenti non compatibili, secondo il soprintendente, con l’ambiente circostante.
Le prime reazioni sono di “Gallipoli Futura”: “Inaudito!”. Se dall’Amministrazione comunale non giungono, al momento, reazioni e commenti, a mettere il sale sulla ferita apertasi ci pensano gli esponenti di “Gallipoli Futura”. “Sconcerta non poco prendere atto di come fin dal settembre 2012 – attacca il capogruppo Flavio Fasano – per la struttura di Punta della Suina, per esempio, il Consiglio di Stato avesse espresso parere contrario; tale sentenza aveva confermato il parere contrario della Soprintendenza con la evidente conseguenza di una immediata rimozione della struttura balneare, come oggi, a distanza di sei anni, riporta la determinazione n. 299. Inaudito”. Per Fasano, che poche settimane fa aveva chiesto l’accesso agli atti relativi a tutte le concessioni e autorizzazioni balneari a seguito delle vicende legate al “Samsara” e che richiama il clima elettorale del 2012 per il rinnovo del Consiglio comunale, “è del tutto superfluo dire che tutto questo che si denuncia è l’esatto contrario della trasparenza, della legalità, dell’efficienza, della tutela e del rispetto dei diritti di tutti”.
Fonte articolo http://www.piazzasalento.it