Depuratori assenti o non a norma. E scatta la maxi multa di 25 milioni di euro. È la sanzione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea all’Italia.
Una maxi multa di 25 milioni di euro. E altri 30 milioni per ogni semestre di ritardo fino all’adeguamento. È la sanzione comminata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea all’Italia sulladepurazione. La colpa? La mancata messa a norma di reti fognarie e sistemi di trattamento delle acque reflue in alcune aree del nostro Paese.
Depuratori: le inadempienze
Le inadempienze non riguardano (solo) i giorni nostri; la radici affondano ci all’inizio del secolo. La scadenza per mettersi in regola con i depuratori era infatti il 31 dicembre 2000. I maturandi di quest’anno, in sostanza, non erano ancora nati. Ma rischiano di trovarsi una traccia all’esame su un black out ambientale insostenibile. Ben 74 città, sparse in 18 regioni d’Italia, continuano a non rispettare le norme Ue sulle acque reflue. Non hanno le fogne oppure non hanno i depuratori a norma. Per questo, è arrivata la mannaia dell’Unione Europea.
La prima sentenza contro i depuratori non a norma
Ma non è la prima sanzione. I giudici avevano già bacchettato l’Italia in una sentenza del 2012. Alla scadenza del termine, l’11 febbraio 2016, il nostro Paese non si era ancora adeguato alla sentenza del 2012 e così la Commissione Europea si è vista costretta a un secondo ricorso alla Corte. Che ha agito.
Nel frattempo, gli agglomerati fuori norma si sono ridotti, passando da 109 a 74, ma le uniche due regioni in cui tutti i comuni rispettano le norme sono Emilia Romagna e Molise
Lo sdegno di Legambiente e WWF
Nessuna sorpresa ma sdegno perché “la prima norma che impone la depurazione delle acque reflue è del 1976 – ha commentato il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani all’agenzia di stampa Adnkronos -. Ora, dopo 42 anni, dovremo pagare questa multa con i soldi dei cittadini quando avremmo potuto utilizzarli per aprire i cantieri e adeguarci alla normativa”. E risolvendo “un problema ambientale che ha gravi ripercussioni anche sul turismo, creando allo stesso tempo posti di lavoro”.
Tutt’altro che sorpreso anche il commento del WWF Italia. “Inquinare, e non impedirlo, è veramente un pessimo affare. Ci rimettono l’ambiente e gli ecosistemi (terrestri, fluviali e marini), la salute umana e ora anche le nostre tasche”. La multa “è il frutto di tanti anni di gravi inadempienze sulle normative europee, normative che peraltro la stessa Italia ha giustamente contribuito a fissare”.
I depuratori a rischio in Italia: i dati
Ecco, nel dettaglio, la ripartizione geografica delle criticità. Abruzzo 1 intervento (ultimato), Liguria 2 città e 2 interventi (2 in corso), Friuli Venezia Giulia 2 città e 2 interventi (1 in corso, 1 ultimato). E ancora: Puglia 3 città e 5 interventi (4 in corso, 1 da avviare), Campania 6 città e 9 interventi (6 in corso, 3 da avviare), Calabria 13 città e 16 interventi (5 in corso, 10 da avviare, 1 ultimato), Sicilia 48 città e 89 interventi (7 in corso, 79 da avviare, 3 ultimati).
Altre sanzioni in arrivo?
Ma rischia di non essere finita. Il WWF è infatti preoccupato anche per le altre procedure che incombono sull’Italia in materia di acque.
Riguardano l’inadeguata applicazione della Direttiva Quadro Acque, una concernente le derivazioni a scopo idroelettrico e una più generale per la generale mancata attuazione della direttiva, con particolare riguardo all’insufficiente coordinamento, all’assenza di metodologie corrette per gli inquinanti nelle acque sotterranee, ai prezzi dell’acqua in agricoltura e ad altre questioni legate sempre al settore agricolo.
Le perplessità di Utilitalia
Proiettati al futuro, ma con un occhio agli errori del passato. “La multa decisa dall’Ue all’Italia sulla depurazione ha radici lontane, nella mancanza di investimenti negli ultimi 60 anni”, commenta Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia (l’associazione delle imprese di acqua energia e ambiente). “Salvo un breve periodo a inizio degli anni ’80 di finanziamenti speciali per il Mezzogiorno, solo oggi grazie all’esistenza di un’Autorità di regolazione, possiamo dire che si sta migliorando. È questa la causa del gap infrastrutturale che oggi ci porta ad essere nuovamente bacchettati dall’UE. Bisogna mettersi in regola, anche perché pagare per avere impianti adeguati è meglio che continuare a ‘regalare’ soldi in sanzioni comunitarie”.
In particolare, per Colarullo, “le sanzioni UE si concentrano in quella parte del Paese, le regioni meridionali, nel quale prevalgono gestioni dirette di Enti Locali anziché di aziende strutturate. E poi bisognerà stare attenti a non passare dalle multe sulla depurazione a quelle sui fanghi”.
Articolo a cura di Fulvio Di Giuseppe https://www.ambienteambienti.com